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Storia di Othoca

Nel periodo di massimo sviluppo della civiltà nuragica, intorno al X secolo a.C., la Sardegna cominciò ad essere frequentata da altre popolazioni mediterranee che instaurarono con i sardi una serie di rapporti, inizialmente solo commerciali, poi anche politici e militari; i primi furono i Fenici

Tra il IX ed il VII secolo, in Sardegna si ebbe l'espansione territoriale fenicia con la creazione di vari centri abitati a fini commerciali (Sulci, Karaly, Nora, Bithia, Tharros, Othoca) e di alcune fortezze (Monte Sirai, Pani Loriga). È possibile che i Fenici siano stati attirati anche dalla presenza dell'argento nativo e della galena nel sottosuolo dell'iglesiente, visto che la Sardegna era anticamente denominata Argyròphleps (Vene d'Argento).

La Fondazione di Othoca ad opera dei Fenici deve fissarsi nella seconda metà dell'VIII sec. a. C., in parallelo con la custruzione del centro urbano di Sulcis. La documentazione della più antica fase coloniale di Othoca è stata acquisita nel corso degli scavi archeologici effettuati nel gennaio-luglio 1990 sull'altura della Cattedrale medievale di Santa Giusta, nell'area del sagrato sudoccidentale. Il vasellame fenicio presenta notevoli rispondenze sia tipologiche con le più antiche ceramiche fenicie di Sulcis e degli stanziamenti semitici della Spagna meridionale. Un fondo di piatto fenicio reca la raffigurazione (incompleta) di un uccello di ispirazione tardogeometrico. Alla stessa epoca dei piatti si ascrivono coppe a pareti verticali e coppe carenate. Il primitivo poleonimo della fondazione fenicia non ci è stato tramandato, in quanto fagocitato dal toponimo Othoca, nato , come vedremo, al principio del dominio cartaginese in Sardegna, all'atto della fondazione di Neapolis. La città sorse su una tozza penisoletta della costa orientale della laguna di Santa Giusta , delimitata a settentrione e a mezzogiorno da due profonde insenature dello specchio d'acqua, interrite neo corso dell'utimo secolo e mezzo. La laguna santagiustese, messa in comunicazione con il Golfo di Oristano dall'ampio canale navigabile di Pesaria, costituì portuale della città, documentato dai notevoli rinvenimenti anforari effetuati in anni recenti. L'economia del centro fenicio nel VII-VI secolo a. C. era basata, presumibilmente, sulle attività commerciali: al porto affluivano le derrate agricole del Campidano di Simaxis (in particolare prodotti cerealicoli), le carni derivate dagli allevamenti bovini, ovini e caprini del territorio e, verosimilmente, i prodotti ittici di pescosissimi stagni e lagune. L'esistenza di botteghe artigianali in Othoca è assai probabile per quanto concerne la produzione fittile (anfore, vasellame comune) mentre risulta più aleatoria per altre classi di manufatti, quali gli oggetti d'argento, di vetro, di ferro, etc., non ancora sufficientemente documentate con caratteri di originalità rispetto ad altre botteghe fenicie di Sardegna. La prosecuzione degli scavi, con la conseguente edizione dei materiali potrà avviare a soluzione il problema esposto, eventualmente documentando anche per Othoca produzioni peculiari.

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